Il femminile nell’Arte | Tessile senza confini
Nella sede dell’Accademia d’Ungheria in Roma situata a Palazzo Falconieri in via Giulia 1, dal 6 dicembre al 28 febbraio 2025, è esposta la mostra “Il femminile nell’Arte|Tessile senza confini” a cura dell’artista tessile Eleonora Pasqualetti e dello storico dell’Arte Màrton Keppel.
Insieme ai lavori delle artiste ungheresi sono esposte le opere di tre artiste italiane presentate dalla curatrice d’arte contemporanea Barbara Pavan e sono Lisa Mara Batacchi con The world is so far reversed, arazzo tessuto a mano con sete di varia provenienza, Silvia Beccaria con il trittico Attimi fuggenti composto da pellicola celluloide super 8 intrecciata a mano e poi Mara Di Giammatteo con S’incomincia, arazzo foto avanti /retro realizzato con lana bianca e nera.
Dice Màrton Keppel che il linguaggio universale dell’arte crea possibilità di dialogo tra le diverse nazioni. L’idea dell’assenza di confini prende forma in questa mostra attraverso l’arte tessile.
In Ungheria quest’arte è rappresentata quasi esclusivamente da donne e Noémi Ferenczy (1890- 1957) ne è considerata la fondatrice. Essa elevò l’arte applicata dell’arazzo al rango della Grande Arte.
Ferenczy fu docente presso l’Accademia Ungherese di Arti Applicate di Budapest e le artiste esposte nella presente mostra hanno studiato nello stesso ateneo ispirandosi alla sua eredità spirituale.
Esse fanno parte di un gruppo d’artisti membri dell’Associazione Ungherese degli artisti dell’arazzo, fondata nel1996 che forma una comunità dedicata alla realizzazione di opere che riflettono le questioni più attuali dello spirito del tempo e che, selezionate, sono ora esposte in questa mostra.
Le opere delle venti artiste ungheresi insieme a quelle delle artiste italiane realizzano a pieno il titolo della mostra che ribadisce il concetto dell’arte dell’arazzo e dell’arte femminile, capaci di abbattere i confini.
Le differenze nazionali, di genere, di tecnica e culturali nelle loro opere si dissolvono. Gli arazzi sono esposti in tre sale contigue che guidano il visitatore in un cammino dalla tradizione all’avanguardia.
Di Zelenàk Katalin è Prospettiva invisibile, con tecnica ad alto liccio. Dice la nota: “…I fili sospesi e il volto del ritratto che quarda lontano, come se scrutasse un pertugio del tempo futuro …verso l’ignoto dove tutto può accadere…”.
Indira Màder nel suo In principio era il Verbo esprime il livello sacrale del significato dell’acqua, simboleggia il flusso della vita, metafora della purificazione e della rinascita ad una nuova vita.
Nòra Tàpai in Ieri, Oggi, Domani presenta le tre fasi dell’esistenza della Terra. Tre forme che simboleggiano le parti di un processo. L’unità che si crea dalla frammentazione iniziale, si dissolve nuovamente. Nell’ultima sala è il lavoro di Hajnal Baràth, Quando il canone si disintegra 2 .
Viviamo in un mondo in cui i vecchi canoni si stanno disintegrando, raffigurati dalle bende nere strettamente legate tra loro. Le linee rosse simboleggiano percorsi individuali, possibilità in cerca di sé stesse. Nulla è certo e definitivo.