Trame libere – Nietta Condemi De Felice
A partire dal 18 luglio, il Museo Etnografico di Cagliari, all’interno del progetto Hanging – Sospesi, ospita Trame Libere, opere di Nietta Condemi De Felice.

La mostra si inserisce in un ampio progetto espositivo all’interno del Museo, più esattamente presso le sale che ospitano la collezione Luigi Cocco.
Dal febbraio di quest’anno infatti il Museo ha visto esposti arazzi e tappeti di artisti e designers: Ruben Montini, Paulina Herrera Letelier ed Annalisa Cocco hanno esposto i propri lavori nei mesi passati, ciascuno con una interpretazione personale del fare tessile, declinata alle ricerche concettuali o alla progettualità artigianale.
Chiude il ciclo l’esposizione dei lavori di Nietta Condemi De Felice, un felice connubio fra pratica manuale e ricerca artistico-espressiva, fino al 30 Settembre 2025.
Il testo di presentazione
L’opera di Nietta Condemi De Felice si colloca in una posizione cardinale nel panorama della Fiber Art italiana, non solo per la sua precocità nella riscoperta e rielaborazione del medium tessile, ma per l’originalità con cui ha saputo trasformare il gesto della tessitura in un’azione artistica carica di significati profondi, estetici, simbolici e culturali. La sua è una pratica pionieristica che trae linfa vitale da un’antica sapienza artigiana, riplasmata in chiave concettuale, in un continuo gioco di rimandi tra tradizione e sperimentazioni contemporanee.
Nata a Orune, cuore arcaico della Sardegna, e formatasi artisticamente nell’Istituto d’Arte di Nuoro – dove per quasi quarant’anni ha anche insegnato e trasmesso il sapere del filo a nuove generazioni – Condemi De Felice ha saputo trasformare una “casuale iscrizione” al reparto tessile in un percorso esistenziale e creativo di straordinaria coerenza e profondità. Il telaio non è per lei un semplice strumento, ma una soglia simbolica: un luogo di passaggio tra il tangibile e l’immaginario, tra la memoria e il presente.
La sua arte attinge dal repertorio delle mustras sarde – i motivi decorativi tramandati oralmente e manualmente da generazioni di tessitrici – per destrutturarlo e ricomporlo in forme nuove, tridimensionali, installative. In questo gesto di riconfigurazione, la tradizione non viene mai cancellata, ma attraversata e rinnovata, come una lingua antica che continua a parlare attraverso accenti contemporanei. La sua è una forma di artigianato visionario, dove la stoffa diventa superficie concettuale, corpo vivo, traccia poetica.

Nietta Condemi De Felice ha indagato con rara sensibilità il significato profondo della tessitura: non come pura decorazione o abilità tecnica, ma come metafora dell’esistenza, come campo di forze in cui convivono ordine e caso, tensione e abbandono. Le sue opere si muovono tra la severità geometrica dell’optical art – con cui gioca intelligentemente sulle percezioni visive – e la libertà fluida delle “trame danzanti”, che si liberano dal telaio per sconfinare nella scultura e nell’installazione. Il risultato è una leggerezza sospesa, quasi eterea, che sfiora la dimensione dell’Arte Povera: condivisione di materiali umili, oggetti trovati, rifiuti trasformati in poesia.
La sofisticazione delle sue composizioni, mai ostentata, dialoga con una naturalezza che solo una profonda conoscenza del mezzo può garantire. Le sue mani, irrobustite da decenni di pratica, danno forma a un sapere incarnato, un pensiero che si fa gesto, nodo, intreccio. Per Condemi De Felice, il senso dell’opera risiede non solo nell’esito estetico, ma nel processo stesso della tessitura: un atto meditativo e corporeo, che coinvolge il tempo, la fatica, la concentrazione, ma anche il gioco, la sorpresa, l’apertura all’imprevisto.
La sua arte non esclude, ma accoglie. È accessibile tanto al neofita quanto all’esperto: chiunque può cogliere la bellezza dei materiali, la forza delle composizioni, la profondità delle connessioni simboliche. In un tempo in cui l’arte rischia spesso di diventare autoreferenziale, quella di Nietta Condemi De Felice mantiene invece una dimensione profondamente umana, aperta alla relazione, capace di parlare a tutti i sensi, di evocare memorie collettive e individuali.
La sua lunga carriera, culminata in partecipazioni prestigiose come la Biennale di Venezia (Padiglione Sardegna, 2011), Miniartextil di Como e la Biennale di Brindisi, testimonia non solo la rilevanza del suo lavoro nel contesto nazionale ed europeo, ma anche l’impatto duraturo che ha avuto nel ridefinire il ruolo dell’arte tessile contemporanea. In Sardegna – dove è stata una delle fondatrici del movimento Fiber Art – la sua voce rimane imprescindibile: una voce che intreccia fili, storie e visioni in un’unica trama ininterrotta, destinata a durare nel tempo.
Nietta Condemi De Felice ci insegna che tessere è un atto di resistenza, un esercizio di bellezza e un invito a partecipare. Ogni filo, nella sua opera, è una domanda lanciata nello spazio, una possibilità di connessione, un gesto d’amore verso la materia e verso chi la guarda.
Efisio Carbone – direttore del Polo Museale ISRE Musei
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