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Biennale 2022 – Arte tessile e oltre…

Buone notizie per la fiber art dalla Biennale! Da non perdere questa 59ª edizione, “il latte dei sogni” diretta da Cecilia Alemani.
Il titolo è tratto dalla fiaba di Leonora Carrington e, come lei, gli autori di quest’anno spalancano le porte a un mondo magico per effetto della forza trasformatrice del sogno e del desiderio. Femminilità, trasversalità, monumentalità e corporeità sono sicuramente le note dominanti che caratterizzano anche le opere che invitiamo a non perdere.

foto Bas Boerman – Creative Commons

È una biennale segnata dal tema del femminile come nell’opera di Emma Talbot e le sue domande sull’origine, sulla nascita, sul nostro divenire. Numerosi, forse anche debordanti, i temi e i rimandi delle sue opere, in primis il famoso “Da dove veniamo e dove andiamo” di Gauguin, ma che comunque si impongono con le superfici seriche installate nei grandi spazi dell’Arsenale con una qualità estetica e scenica eccezionali.

Un’altra opera che si muove fluidamente tra contraddizioni e distorsioni sociale è quella di Igshann Adams : un grande “arazzo” polimaterico che assembla la complessa eterogeneità di materiali e riferimenti (politici, sociali) con un paziente lavoro di cucito: l’enorme superficie è attraversata da tracciati curvilinei che lui chiama “linee del desiderio” ovvero i camminamenti tracciati nelle periferie industriali del Sud Africa e dai migranti del lavoro e che qui diventano segni di attraversamenti liberi negli spazi costrittivi della storia.

Un omaggio dovuto a una grande esponente della fiber art si trova nel padiglione tunisino con l’opera di Safia Farhat (1924-2004): anche qui il tema delle trasmutazioni, metamorfosi, contaminazioni trova un solido medium nelle tradizioni tessili locali; lane, trame e colori si coordinano in “arazzo” prestato dal museo tunisino di Radès dal titolo “Gafsa & ailleurs” (Gafsa e altrove) realizzato nel 1983.

Safia Fahat : “Gafsa & ailleurs”

Una grande sorpresa la presenza di Violeta Parra, si, la famosa cantautrice cilena, con Canciones que se pintan (canzoni che si dipingono – realizzate negli anni ’60) ovvero una serie di quadri, sculture e ricami tra cui Le arpilleras – i monumentali arazzi ispirati all’arte precolombiana. Il tema dell’oppressione è dominante ed è affidato a una tecnica complessa (cuciture di lana, scampoli di macramé e trecce di tessuto lavorato a maglia) il compito di ritessere i legami tra alto e basso, danze e lacrime.

Il lavoro a maglia si traduce in grandi campiture monocromatiche nell’opera della tedesca Rosemarie Trockel. Un approccio femminista e critico su processo di progressiva industrializzazione e, nel contempo, di svalutazione del lavoro artigianale. Infatti, le grandi superfici sono state realizzate insieme a Helga Szentpétery, con una macchina computerizzata che non cancella però impercettibili variazioni segno di una ineludibile soggettività.

Rosemarie Trockel – foto Laura Guilda

Infine, colossale, multietnico, polimaterico, trasversale è la colossale rivisitazione degli affreschi rinascimentali di Palazzo Schifanoia, a Ferrara, reinterpretati dalla cultura femminile e marginale della popolazione rom. È con questa monumentale patchwork, ideato da Małgorzata Mirga-Tas, che concludiamo questa parziale e sintetica rassegna condividendone gli intenti: transnazionalità, ciclicità e trasmutazione dei significati ci ricordano le reciproche influenze tra tutte le culture europee: collage e patchwork sono, alla fine, le tecniche più adatte per esprimere l’idea di una possibile convivenza, oggi, tra pezzi di mondi.

Małgorzata Mirga-Tas – foto Laura Guilda

A proposito di pezzi di mondo un benvenuto alla Tanzania. Il curatore britannico di origini tanzaniane Shaheen Merali presenta le opere di due artisti provenienti da Kampala, capitale dell’Uganda, ovvero Acaye Kerunen e Collin Sekajugo a palazzo Palumbo, dietro il teatro La Fenice. La tecnica? Ancora fibre e lavoro artigianale….delle donne.

Ancora due righe per segnalare la mostra “Let Them Weave” (lasciamole tessere) aperta fino al 6 novembre allo Studio Cannaregio che raggruppa artisti polacchi e ucraini uniti dalla predilezione per il medium tessile. Qualche nome? Alina Szapocznikow, Maria Pinińska-Bereś e Franciszek Orłowski e la amatissima Magdalena Abakanowicz!

Gabriella Anedi – art curator Fiber art and… 

Sedi:
Giardini Padiglione Polonia – Małgorzata Mirga-Tas
Giardini, Padiglione Tunisia – Safia Farhat
Padiglione Centrale – Rosemarie Trockel
Arsenale – Violeta Parra
Arsenale 10-18 – Emma Talbot
Arsenale – Igshann Adams
Studio Cannaregio – Let them weave
Palazzo Paulmbo Fossati – mostra Uganda

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