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Inquietudini ed esplorazioni: Miniartextil 2017

Florence Pinson-Ynden – The borderline of insanity

Fino al 26 Novembre, la suggestiva ex chiesa di San Francesco, in Largo Spallino 1 a Como, ospita la XXVII edizione di Miniartextil, tema, quest’anno Borderline, linea di confine.
Un tema aperto, interpretabile secondo più declinazioni, come ogni buon tema, del resto, deve permettere.

Ovvia, forse, un’interpretazione basata sull’attualità: le migrazioni sono il tema di questi mesi, Como è poco distante dal confine svizzero.

Meno immediato è notare, come fa Femke Speelberg, associate curator del MET di New York, in uno dei testi introduttivi al catalogo, come “Attraverso il processo di inclusione ed esclusione, i confini rafforzano il contrasto fra il conosciuto e l’ignoto, l’indigeno e l’esotico, il centro e la periferia, il bene e il male. Sperimentare questi contrasti, stimola la curiosità e la meraviglia, ovvero la condizione ideale nella quale nascono la scienza e l’arte nelle loro forme più libere.”

Un tema che costringere a riflettere su cosa separa, ma anche su ciò che unisce, come sottolinea giustamente Luciano Caramel, all’avvio del suo breve saggio di presentazione. Ma anche un termine entrato nel linguaggio comune per descrivere un disturbo della personalità caratterizzato da instabilità emotiva e difficoltà di relazione, usato per sottolineare una generale disapprovazione sociale.

Il lavoro di Florence Pinson-Ynden, con l’esplosione di tentacoli rosso sangue trafitti da decine e decine di spilli è probabilmente l’interpretazione più inquietante e dolorosa di questa lettura.

Ancora spilli in Breath-daily life della cinese residente in USA Xia Gao, a trafiggere una comune mascherina usata per difendersi dalle polveri o anche, nelle culture dell’estremo oriente, per evitare di contagiare il prossimo quando si è raffreddati.
Un’interessante oscillare fra due poli: proteggere se stessi o proteggere il prossimo; difendersi da un pericolo esterno o essere noi stessi pericolo?

Gin Angri, Siamo tutti borderline, 1988

Fili spinati, aghi, spilli, spine… si trovano in altri undici lavori della sezione minitessili, quella che è il cuore, di anno in anno, degli umori della comunità dei Fiber artists: la sezione a concorso, che conta quest’anno 54 lavori, allestiti con grande cura nell’abside dell’ex chiesa.

All’arrivo si viene accolti da una scenografica e grande installazione colorata, lieve e fluttuante, progettata da Emmanuelle Moreaux e composta da migliaia di numeri ritagliati in carta, sospesi a creare una sorta di foresta urbana multicolore. Un passaggio consolatorio e sorprendente, quello che ciascun visitatore può sperimentare, attraversandola.

Alle pareti i lavori di maggior formato, quelli su invito: il fotografo Gin Angri coglie con occhio esperto e attento il tema del disordine e della linea nel casuale ed involontario polverizzarsi di segni ad opera di maldestri operai comunali.

Impossibile da restituire in fotografia la delicata e al contempo potente installazione di Włodzimierz Cygan: due arazzi rispettivamente di colore bianco e nero a suggerire un’eclisse lunare, il momento in cui l’instabile luna e l’energia del sole coincidono.

Da vedere anche il lavoro eseguito appositamente per questa mostra da El Anatsui, l’artista ghanese celebrato con il Leone d’Oro nell’edizione 2015 della Biennale di Venezia.

Una mostra da visitare quindi, prima che venga disallestita: dopo il 26 novembre chi vorrà vederla dovrà recarsi in Francia, più esattamente a Montrouge, dal 7 al 25 febbraio 2018 o al Château du Val Fleury, dall’8 di marzo al 25 aprile successivo.

Florence Wang, Gin Angri, Miniartetxtil

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